AFeVA COMUNICATO: Sentenza Corte Costituzionale

Posted on July 21, 2016

Casale Monferrato, Giovedì 21 luglio 2016

COMUNICATO

AFEVA Logo“È chiaro che, anche dal punto di vista rigorosamente materiale, la morte di una persona, seppure cagionata da una medesima condotta, dà luogo ad un nuovo evento, e quindi ad un fatto diverso rispetto alla morte di altre persone”.

Più chiara di così, la Corte Costituzionale non poteva davvero essere: il processo Eternit bis “s’ha da fare” eccome!

È questa l’unica, inequivocabile indicazione che si può ricavare dalla lettura della sentenza della Corte Costituzionale, finalmente depositata oggi. Nonostante, infatti, la Corte riconosca fondata, in termini generali, la questione sollevata dal Gip di Torino, ne disinnesca completamente la portata pratica nel processo, con argomenti, oltre che giuridici, di comune buon senso.

Al giudice di Torino, che riteneva di essere di fronte a un caso di bis in idem per il solo fatto che le azioni di Stephan Schmidheiny erano già state prese in considerazione nel primo processo, la Corte risponde in modo a dir poco tranciante: “Non vi è (…) alcuna ragione logica per concludere che il fatto, pur assunto nella sola dimensione empirica, si restringa all’azione o all’omissione, e non comprenda, invece, anche l’oggetto fisico su cui cade il gesto, se non anche, al limite estremo della nozione, l’evento naturalistico che ne è conseguito, ovvero la modificazione della realtà indotta dal comportamento dell’agente”.

Noi, che giuristi non siamo, lo avevamo detto fin dal primo giorno, con un linguaggio certamente meno elevato: non ha nessun senso parlare di bis in idem rispetto a casi di omicidio che non sono MAI stati presi in considerazione da nessun giudice, soltanto perché Stephan Schmidheiny, l’ex proprietario dell’Eternit, è già stato sottoposto a processo per l’accusa di disastro, fatto completamente diverso rispetto alle morti dei singoli lavoratori e cittadini.

La regola di giudizio cui si dovrà attenere il Gip di Torino è quindi la seguente: “Sulla base della triade condotta-nesso causale-evento naturalistico, il giudice può affermare che il fatto oggetto del nuovo giudizio è il medesimo solo se riscontra la coincidenza di tutti questi elementi, assunti in una dimensione empirica, sicché non dovrebbe esservi dubbio, ad esempio, sulla diversità dei fatti, qualora da un’unica condotta scaturisca la morte o la lesione dell’integrità fisica di una persona non considerata nel precedente giudizio, e dunque un nuovo evento in senso storico. Ove invece tale giudizio abbia riguardato anche quella persona occorrerà accertare se la morte o la lesione siano già state specificamente considerate, unitamente al nesso di causalità con la condotta dell’imputato, cioè se il fatto già giudicato sia nei suoi elementi materiali realmente il medesimo, anche se diversamente qualificato per il titolo, per il grado e per le circostanze”.

Insomma: per i casi nuovi, mai stati oggetto di contestazione nel primo processo, si può e si deve andare avanti; stesso discorso per i decessi che invece erano già indicati nel primo capo di imputazione, dal momento che neppure questi sono stati oggetto di specifico accertamento.

La speranza, a questo punto, è che il Tribunale di Torino fissi quanto prima la nuova udienza, in modo da porre termine a questa stasi del processo che, come ha chiarito la Corte, è stata, ai fini di questo processo, del tutto inutile.

Avanti senza esitazioni, dunque: finché la gente continuerà a morire di amianto, a Casale e nel resto d’Italia, ad opera delle scriteriate condotte di Stephan Scmidheiny e della società da lui diretta, si potrà e si dovrà continuare a chiedere giustizia per le vittime.

Questo AFEVA ha fatto, negli ultimi trent’anni; questo è quello che continuerà a fare, finché sarà possibile. AFeVA

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